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Cobe : Karen Blixens Plads

fonte immagine:https://www.bikeitalia.it/2019/08/28/copenhagen-apre-il-nuovo-parcheggio-bici-delluniversita/

Lo scorso 22 Agosto è stato inaugurato il nuovo parcheggio bici dell’ Università di Copenhagen, un’area di 20.000 mq in cui trovano posto più di 2.000 stalli per le biciclette. La particolarità del progetto del parcheggio per bici dell’Università di Copenhagen è che, in realtà, il parcheggio è stato pensato e costruito come una piazza, denominata Karen Blixen Plads, ovvero un luogo che possa ospitare e accogliere i 16.000 studenti del campus universitario. Il progetto è opera di COBE Architechts, uno studio di architettura danese che in passato si è occupato di riqualificare la Norreport Station di Copenhagen, uno dei principali luoghi di interscambio della capitale danese dove ha realizzato uno dei parcheggi bici più iconici della città.

La filosofia dei progetti realizzati da COBE è chiara e può essere rintracciata in ciascuno dei progetti realizzati, ossia esortare le persone a vivere la città come un ampio soggiorno in cui i confini tra privato e pubblico diventino fluidi. Approccio vincente se si pensa, infatti, che ciascuno nella propria casa vorrebbe avere il massimo del comfort e di libertà, senza dimenticare la creatività dei gesti e un senso di benessere diffuso tale per cui varcare la soglia della propria casa equivarrebbe a “sentirsi a proprio agio”. «La nostra città è la nostra casa, ed è esattamente su questo che si basa oggi il successo di Copenaghen. Più apprezziamo la città come architetti, ma soprattutto come residenti di Copenaghen, meglio ne tratteremo. Migliore è il progetto della nostra città, più persone ci vivranno bene e ne saranno orgogliose. Non si tratta di bellezza, eleganza o ricchezza, ma di qualità della vita e democrazia urbana», spiega Stubbergaard. COBE con la sua architettura cerca di promuovere: la valorizzazione delle infrastrutture per la configurazione di spazi pubblici gratificanti; la risorsa derivante dalle trasformazioni e riconversioni dell’esistente; la promozione di una città a misura di bambino, e dell’architettura come strumento di democrazia; la messa a punto di strategie per trasformare le vecchie città industriali in città vivibili.

La nuova piazza nasce prima di tutto per creare un nuovo elemento di connessione tra i tre ingressi dell’università, posizionati su tre lati della parte nord della sua vasta superficie. Secondariamente, crea nuovi punti di aggregazione e socialità all’aperto per gli studenti e il personale, mettendoli a disposizione anche dell’attività didattica. Caratteristica unica del progetto e il gioco di forma della piastra centrale che ospita il parcheggio e la piazza: un igloo centrale che nella parte superiore funge da auditorium a cielo aperto e luogo di incontro, mentre nella parte inferiore da parcheggio bici coperto. Il tutto accompagnato una progettazione dello spazio pubblico e dello spazio verde che riprende le forme circolari dell’igloo e crea delle micro oasi di verde per gli studenti. Concentrato nella parte nord della piazza,il parcheggio, imposta tre diverse tipologie di aree di sosta. Due sono all’aperto, una a filo con la pavimentazione e l’altra leggermente incassata nel terreno, mentre la terza è coperta e nascosta. Questa parte di deposito è chiusa da tre grandi cupole in cemento armato che in superficie sembrano ricreare le ondulazioni di un paesaggio naturale. Dal punto di vista costruttivo, le cupole sono strutture a guscio le cui grandi aperture, che hanno richiesto particolare attenzione progettuale e realizzativa, consentono l’accesso e l’uscita.

Le finiture scelte sono di materiali durevoli dai colori neutri, che si ispirano ai toni degli edifici circostanti, e dalle minime richieste manutentive. Anche gli arredi sono semplici e funzionali, mentre l’impianto di illuminazione di notte ricrea un nuovo paesaggio urbano grazie all’illuminazione del suo interno.


Woven City, Toyota progetta la città del futuro.

fonte immagine:https://www.toyota.it/mondo-toyota/news-eventi/2020/toyota-woven-city-citta-futuro

Non era mai successo che un'azienda svelasse, in uno show dedicato alla tecnologia, il prototipo di una nuova città, tutto ciò, invece, è accaduto in occasione del CES, la fiera dell'elettronica di consumo a Las Vegas. Il colosso automobilistico Toyota ha svelato i piani per costruire un inedito centro abitativo, una vera città del futuro, su un'area di sito di oltre 70 ettari, alla base del monte Fuji in Giappone. Il progetto è stato battezzato Woven City e prevede la realizzazione di un ecosistema completamente connesso ed alimentato da celle a combustibile a idrogeno. Concepita come un vero e proprio laboratorio vivente, la città del futuro di Toyota offrirà abitazioni e servizi per residenti e ricercatori a tempo pieno che potranno testare e sviluppare tecnologie come guida autonoma, robotica, mobilità personale, smart home e intelligenza artificiale in un contesto globale.

«Costruire una città completa dalle fondamenta è un'opportunità unica per sviluppare le tecnologie del futuro, compreso un sistema operativo digitale per le infrastrutture della città. Con persone, edifici e veicoli tutti collegati e in comunicazione tra loro attraverso dati e sensori, saremo in grado di testare l'intelligenza artificiale connessa, sia nel mondo virtuale che in quello fisico, massimizzandone il potenziale», ha detto Akio Toyoda, presidente della Toyota Motor Corporation.

L'incarico per la progettazione è stato dato all'architetto danese, Bjarke Ingels, CEO del Bjarke Ingels Group (BIG) che ha firmato molte realizzazioni di alto profilo come il 2 World Trade Center di New York, la Lego House in Danimarca, ed i quartier generali di Google a Mountain View e a Londra. «Uno sciame di tecnologie diverse sta cominciando a cambiare radicalmente il modo in cui abitiamo e viviamo le nostre città. E noi crediamo di avere con Woven City un'opportunità unica nell’esplorare nuove forme di urbanità che potrebbero aprire nuove strade da intraprendere per le altre città», ha spiegato Ingles.

Il sito web della città prototipo ne illustra il futuro volto, su cui i giapponesi sono già al lavoro da alcuni mesi, come un ecosistema totalmente connesso e alimentato da celle a combustibile a idrogeno, tecnologia su cui da anni Toyota sta investendo importanti cifre. La città si articolerà su tre strade differenti: una destinata ai veicoli innovativi e più veloci (autonomi e a emissione zero, tra cui i pulmini e-Pallete, firmati Toyota), una circoscritta ai mezzi per la mobilità personale e ai pedoni e la terza dedicata ai percorsi per raggiungere i parchi e le molte aree verdi previste dal progetto. Questi tre linee direzionali si intrecceranno tra loro (Woven significa intreccio) in un contesto sostenibile caratterizzato da edifici realizzati principalmente in legno per ridurre al minimo l'impronta della CO2 e sfruttando le tradizionali tecniche di falegnameria giapponese e gli innovativi metodi di produzione robotizzati. Toyota prevede la presenza in tutta la città di vegetazione autoctona e zone per la coltura idroponica. Le residenze saranno dotate delle più recenti tecnologie di supporto, come la robotica domestica per aiutare la vita quotidiana e useranno l'intelligenza artificiale basata su sensori per controllare la salute degli abitanti, prendersi cura dei bisogni di base e migliorare la vita quotidiana. . Ovviamente, non mancheranno i pannelli fotovoltaici sui tetti per generare energia solare. Previsti anche parchi di quartiere e un grande parco centrale per il tempo libero, nonché una piazza centrale per incontri sociali, progettati per riunire la comunità. Toyota ha in progetto di popolare Woven City, che dovrebbe cominciare ad essere operativa all'inizio del 2021, con i dipendenti di Toyota Motor Corporation e le loro famiglie. La capacità iniziale di 2.000 persone sarà messa a disposizione anche per pensionati, commercianti, ricercatori e studenti (anche in visita) e partner del settore.


Aggiornamenti sul Ponte Morandi e preoccupazione per l'emanazione delle linee guida per la valutazione dei ponti in esercizio.

fonte immagine:https://www.quotidiano.net/cronaca/foto/incendio-genova-ponte-1.4960642

Fine d’anno non proprio di buon auspicio per il Ponte Morandi. Alle 5:20 del 31 dicembre 2019 si è verificato un incendio sulla sommità della pila 13, nel cantiere sul lato Levante del nuovo viadotto. Dopo l’incidente verificatosi a novembre del 2019 questo è un nuovo piccolo intoppo per il cantiere del nuovo Ponte Morandi. Secondo il cronoprogramma fissato ad ottobre, l’inaugurazione della nuova infrastruttura utile a ricongiungere Genova e tutto il Nord ovest dell’Italia è schedulata nella primavera 2020. Ad incendiarsi sono state le impalcature della pila 13. Gli operatori dei Vigili del Fuoco intervenuti nel cantiere del nuovo ponte sull’A10 sono riusciti a raggiungere le fiamme e ad estinguere l’incendio in memo di due ore, tempestivamente l’area di cantiere è stata messa in sicurezza. Le cause dell’innesco delle fiamme sono da ricercare in alcune scintille derivanti da un flessibile usato per le operazioni che erano in corso in quel momento, le scintille avrebbero raggiunto del polistirolo che ha innescato così le fiamme. L’incendio ha riguardato il cassero, la struttura in legno che serve per dare la forma alle pile di calcestruzzo. I cinque operai presenti in quel momento sulla pila hanno immediatamente lasciato la postazione e non hanno riportato ferite. Non è scattato il sequestro dell’area, pertanto i lavori sono ripresi non appena finite le operazioni di pulizia della pila dalle parti ammalorate che saranno, laddove necessario, sostituite. L'incidente, comunque, causerà un ulteriore ritardo nei lavori. Nelle scorse settimane il sindaco-commissario Marco Bucci aveva già annunciato un ritardo nella fine delle operazioni di un mese e mezzo circa.

Proprio in questi giorni è emersa una forte preoccupazione da parte dell’associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria (Oice) sulla prossima emanazione, da parte del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, delle linee guida per la valutazione dei ponti in esercizio. La maggior parte del nostro patrimonio infrastrutturale ha, come nel caso del ponte sul Polcevera o del viadotto dell’A6, 50 anni di vita almeno, necessita, quindi, di una manutenzione straordinaria nella maggior parte dei casi. Non necessariamente però queste opere devono essere mandate in pensione ma esigono un piano terapeutico giudizioso e metodico di manutenzione. La preoccupazione dell’Oice è che si arrivi ad un documento che, visti gli ultimi accadimenti e la pressante opinione pubblica e mediatica sulla questione, definisca regole non ponderate. E che potrebbero mettere in crisi l’esercizio dell’intera rete. L’Oice avanza pertanto diverse proposte. Sicuramente bisogna colmare le lacune lasciate dall’ultimo aggiornamento della normativa tecnica. Questo perché non si differenziarono le indicazioni per la verifica sismica degli edifici esistenti (soggetti ad azioni sismiche, quindi dinamiche e orizzontali) da quelle sui ponti esistenti (soggetti prevalentemente ad azioni da traffico, quindi quasi statiche e verticali). “La mancata differenziazione ha portato alla situazione attuale dove ancora oggi non sono chiare le metodologie da applicare per le verifiche di sicurezza per i carichi quasi statici delle costruzioni esistenti, con la conseguenza di interpretazioni non omogenee e di richieste che, talvolta, hanno poco a che fare con la sicurezza” dichiara Giorgio Lupoi, Consigliere OICE incaricato della normativa tecnica e sismica. Al Consiglio Superiore la richiesta di un confronto diretto con gli operatori che da anni affrontano in sede pratica questi aspetti. Le Società di ingegneria, hanno un’esperienza specifica tecnica in questo ambito. Potrebbero mettere a disposizione di tutti i tecnici che andranno sul campo ad effettuare le verifiche, indicazioni ben ponderate ed efficaci, a tutela dell’incolumità dell’utenza. “Occorre valutare anche l’impatto delle nuove linee guida in relazione alla definizione di un adeguato programma di manutenzione straordinaria per evitare di mettere in difficoltà, non tanto i concessionari autostradali che hanno risorse economiche adeguate, ma tutti gli enti che devono gestire le manutenzioni ed effettuare le verifiche su oltre 60.000 ponti e viadotti in Italia, dall’ANAS, alle provincie e ai comuni. Enti generalmente privi di risorse adeguate per intervenire nell’immediato su tutte le opere di loro proprietà”, afferma il Presidente Gabriele Scicolone. In conclusione le linee guida devono essere il primo passo di un piano di azione di ampio respiro.


Approvata la Legge di conversione del D.D.L. n. 123/2019: Decreto Sisma.

fonte immagine:http://www.cngeologi.it/2017/06/30/sisma-centro-italia-nominati-i-componenti-dellosservatorio-nazionale-della-ricostruzione/

Con 160 voti favorevoli, 119 contrari e nessun'astensione, l'Assemblea del Senato ha rinnovato la fiducia al Governo approvando, in via definitiva, il D.D.l. n. 1631 di conversione, con modificazioni, del Decreto-Legge 24 ottobre 2019, n. 123 recante:"Disposizioni urgenti per l'accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici".

Il testo prevede lo slittamento al 31 dicembre 2020 per il ripristino degli immobili pubblici da destinare alle popolazioni dei territori interessati dagli eventi sismici verificatisi in Italia centrale dal 24 agosto 2016. Per quanto concerne gli interventi di immediata esecuzione (art. 8 del D.L. 189/2016), il Commissario potrà posticipare al 31 marzo 2020 la presentazione della documentazione necessaria per l’ottenimento dei contributi per i lavori eseguiti. Inoltre, le Regioni potranno adottare uno o più programmi straordinari di ricostruzione nei territori dei Comuni colpiti dal terremoto.

Vengono confermate le norme per la semplificazione e accelerazione della ricostruzione privata che prevedono il coinvolgimento dei professionisti. In particolare, dopo la definizione di un provvedimento che individui i limiti di importo per interventi di ripristino e ricostruzione degli immobili privati, gli Uffici speciali per la ricostruzione, sempre previa verifica della legittimazione del soggetto richiedente al momento della presentazione della domanda di contributo, adottano il provvedimento di concessione del contributo sulla base del progetto e della documentazione allegata alla domanda di contributo presentata dal professionista, che ne certifica la completezza e la regolarità amministrativa e tecnica, compresa la conformità edilizia e urbanistica, nonché sulla base dell’importo del contributo concedibile determinato dallo stesso professionista nei limiti del costo ammissibile. Se gli interventi necessitano dell’acquisizione di pareri ambientali, paesaggistici, di tutela dei beni culturali il professionista, nella domanda di contributo, chiede la convocazione della Conferenza regionale, convocata dall’Ufficio Speciale per la ricostruzione, oltre che in esito alla predetta richiesta, anche al fine di acquisire, nel caso della mancata richiesta di convocazione di detta Conferenza da parte del professionista ai sensi del precedente periodo, i pareri ambientali e paesaggistici, ove occorrano per gli interventi riguardanti aree o beni tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio o i pareri degli enti competenti al fine del rilascio del permesso di costruire o del titolo unico.

Il decreto estende da tre a sei anni la durata dell’intervento del Fondo di garanzia in favore delle micro, piccole e medie imprese. Altro capitolo, l’allargamento ai Comuni del cratere della misura a favore dei giovani imprenditori nel Mezzogiorno “Resto al Sud”. In questo caso, ne possono beneficiare le realtà locali che presentano una percentuale superiore al 50% di edifici dichiarati inagibili con esito “E”. Altra importante novità: per quanto concerne l’esecuzione dei lavori per danni lievi, possono essere ammesse varianti fino al 30% del contributo concesso.

Nasce un nuovo piano di ricostruzione, redatto dalla Regione Campania, per la riparazione e la ricostruzione degli immobili danneggiati dal sisma di Ischia del 21 agosto 2017, nonché la riqualificazione ambientale e urbanistica dei territori colpiti.

Il decreto proroga al 2021 la sospensione degli oneri relativi al pagamento delle rate dei mutui, da corrispondere nel 2020, concessi dalla Cassa depositi e prestiti Spa e trasferiti al Ministero dell’Economia e delle finanze agli enti locali colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia. Prorogata anche l’esenzione IMU fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati interessati e comunque non oltre il 31 dicembre 2020. La sospensione dei mutui dei privati su immobili inagibili slitta al 31 dicembre 2020. La decisione coinvolge anche i soggetti residenti nei comuni interessati dagli eventi alluvionali del 17 e 19 gennaio 2014, dagli eccezionali eventi atmosferici del 30 gennaio e del 18 febbraio 2014.


Piano operativo sul dissesto idrogeologico: pronto uno stanziamento di ulteriori 361 milioni di euro.

fonte immagine:http://www.cngeologi.it/2018/09/11/dissesto-idrogeologico-riparte-il-fondo-progettazione-assegnati-20-milioni-di-euro/

In questi giorni, in cui il clima sembra impazzire, si sente spesso parlare del fenomeno del dissesto idrogeologico, con tale termine si indicano i processi di tipo morfologico caratterizzati da azioni che generano un degrado del suolo. Sebbene il dissesto idrogeologico possa generarsi a seguito di fenomeni meteorologici le azioni che causano un degrado del suolo sono quasi del tutto di origine antropica, legati a varie attività umane, tra cui la cementificazione. Pertanto, la definizione di dissesto idrogeologico indica un insieme di processi di degradazione del territorio e del suolo più nello specifico, processi innescati quasi esclusivamente dall’uomo, che hanno conseguenze notevolmente gravi, soprattutto quando si verificano determinate condizioni meteorologiche.

La fragilità del suolo, in Italia, è un problema diffuso nella maggior parte del territorio, con conseguenze spesso molto ingenti, sia in termini economici, che ambientali. A tutto ciò si aggiungono gli effetti dei cambiamenti climatici in atto che, con intense precipitazioni in brevi periodi di tempo, possono aumentare il rischio di conseguenze disastrose. Secondo l’ultimo Rapporto sul Dissesto Idrogeologico curato dall’ISPRA, gli edifici situati in aree a rischio frane elevato e molto elevato in Italia sono più di 150 mila e quasi 38.000 i beni culturali. Sono di più gli edifici a rischio elevato di alluvioni, che raggiungono quasi le 500 mila unità, mentre sono quasi 14.000 i beni culturali esposti a pericolosità elevata. Per ridurre il rischio dovuto al dissesto idrogeologico è fondamentale insistere su azioni di previsione, prevenzione e mitigazione degli effetti. La conoscenza del territorio, l’individuazione e la quantificazione dei rischi, permettono di prevedere eventuali disastri e calamità naturali, con l’obiettivo di ridurre al minimo i possibili effetti collaterali.

Il Ministero dell’Ambiente ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio il decreto per rendere immediatamente effettivo lo stanziamento di ulteriori 361 milioni di euro per 236 interventi sul territorio nazionale, volti a contrastare il fenomeno del dissesto idrogeologico e rientranti nel “Piano operativo sul dissesto idrogeologico per l’anno 2019”. I fondi odierni vanno ad aggiungersi ai finanziamenti già erogati (a luglio 2019) alle Regioni attraverso il Piano stralcio sul dissesto idrogeologico.

Per il Ministro: "Si tratta di risorse ulteriori e immediatamente disponibili per la messa in sicurezza idrogeologica e per progetti immediatamente cantierabili . Non lavoriamo sulla logica dell’emergenza, ma con una programmazione costante e interventi specifici per attenuare i rischi e le criticità sull’intero territorio nazionale."

L’impegno finanziario complessivo del Piano, che ammonta ad euro 361.896.975 trova la necessaria copertura nelle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 deliberate dal CIPE a favore del Piano Operativo “Ambiente”. I fondi saranno erogati in via diretta, senza la stipula di successivi accordi di programma, come previsto dalla delibera CIPE n.64 , adottata lo scorso agosto. I fondi odierni, destinati a ulteriori progetti, vanno ad aggiungersi ai finanziamenti già erogati alle regioni attraverso il Piano stralcio sul dissesto idrogeologico.

Bisogna mettere in sicurezza il Paese e i fondi ci sono, sono opere di estrema urgenza e indifferibilità. Il disegno di legge Cantiere Ambiente, incardinato al Senato, deve avere un iter celere. La messa in sicurezza preventiva costituisce il migliore strumento per la salvaguardia delle vite umane e del territorio.” ha aggiunto il Ministro Costa.

Gli interventi vanno dalla sistemazione di versanti franosi, al consolidamento e alla difesa idraulica, al ripascimento e difesa delle aree costiere, alla messa in sicurezza di abitati.